“Non dobbiamo pretendere di capire il mondo solo con l’intelligenza:
lo conosciamo, nella stessa misura, attraverso il sentimento.
Quindi, il giudizio dell’intelligenza è, nel migliore dei casi, soltanto metà della verità”
C.G. Jung
La Distensione Immaginativa è uno dei principali strumenti che utilizzo nel mio lavoro. Elaborata da Piero Parietti, a partire dagli anni ’70, e sviluppata in seguito, anche grazie al contributo di Maria Ceriani, si è rivelata utile nel trattare disagi anche molto diversi tra loro, in sedute sia individuali che di gruppo.
COS’E’
E’ una tecnica terapeutica di matrice psicodinamica, tesa a promuovere una modificazione del livello di coscienza a partire da uno stato di rilassamento psico-fisico profondo. Tale condizione si rivela ottimale per risvegliare l’attività creativa dei pazienti con conseguente produzione di immagini spontanee e evocate (dal conduttore).
I percorsi proposti consentono di:
- accrescere la consapevolezza personale,
- risvegliare energie sopite,
- dare il via a importanti processi trasformativi.
Si tratta di una tecnica impiegata con successo da più di 40 anni per trattare disturbi psicofisici di varia origine e natura (ansia, stress, attacchi di panico, problemi di peso, stati depressivi, stanchezza cronica, insonnia, disturbi gastro-intestinali, disagi personali e relazionali); particolarmente indicata nel caso di soggetti eccessivamente razionali con tendenza a somatizzare, ossia a precipitare sul corpo disagi e conflitti emotivi non riconosciuti. Simili individui mostrano spesso lucidità e determinazione nel raggiungere i propri obiettivi, hanno successo nel lavoro, sono esigenti con se stessi e con gli altri al limite dell’intransigenza secondo un rigore morale a cui si affidano con la fedeltà di un credo religioso, ma quel rigore eccessivo – se serve a metterli al riparo da dubbi ed errori – finisce spesso per andare a discapito della loro salute, dei loro rapporti, della possibilità di vivere una vita più piacevole e leggera… persino della comprensione, a loro tanto cara, di fatti e situazioni a cui cercano di pervenire quasi esclusivamente con la logica. Per fortuna, esiste una comprensione più sottile e raffinata, più ampia ed emotiva delle cose della vita, di certo meno lineare di quella razionale, ma decisamente più ricca. Come diceva Jung: il giudizio dell’intelligenza è, nel migliore dei casi, soltanto metà della verità.
PERCHE’ SCEGLIERLA
L’energia che alimenta i disagi non è la stessa che li risolve. Ecco perché rimuginare sui problemi, incaponirsi a raccontarli o a indagarne le ragioni contribuisce ad aggravarli. Si tratta di un iperinvestimento della mente razionale, legata all’emisfero cerebrale sinistro, logico, calcolatore, giudicante. Una tendenza che, alla lunga, si traduce in un funzionamento asimmetrico della mente destinato a deprimerne il potenziale. A farne le spese, in misura maggiore, sono le qualità dell’emisfero destro: creativo, percettivo, visionario, strettamente legato all’inconscio e alle profondità dell’anima. Eppure è proprio qui che fioriscono le soluzioni migliori, le risposte più opportune ai problemi che viviamo. Solo l’anima è capace di guidarci laddove il nostro nucleo anela d’arrivare, e non lo fa secondo i canoni del pensiero comune, non cerca di ottenere l’approvazione di nessuno, segue soltanto la sua strada, oltre i vincoli e i confini che noi stessi ci imponiamo, secondo codici sottili, inafferrabili alla scienza o all’umana comprensione; codici davanti ai quali la sola ragione si rivela inadeguata.
Del resto, l’anima ama nascondersi, si nutre di silenzi, non chiede di svelarsi né di essere guardata ma ci parla. Lo fa attraverso i sintomi che ci mettono in allarme, lo fa sfruttando i sogni, i desideri, le intuizioni. Se le chiudiamo la porta, se stacchiamo la corrente dell’emisfero preposto a riceverne i segnali come faremo ad ascoltarla? ad accogliere le immagini che così spesso ci regala? E’ solo l’emisfero destro a parlare il suo linguaggio, è lui a favorire una visione d’insieme, una capacità di integrare i diversi aspetti dell’esperienza, evitando di arenarsi su sterili dettagli che inducono a guardare in una sola direzione, spesso drammatica e senza via d’uscita.
Quello che cerco di fare con il mio lavoro è restituire valore a questo emisfero. Consentirgli di esprimersi e di tornare a dialogare con la sua controparte equivale a riattivare l’immaginario del paziente, oltre che a valorizzarne le diverse facoltà.
Ognuno di noi è capace di immaginare; persino chi dice di non sognare di notte è senz’altro capace di farlo a occhi aperti… tanto che appena stimolato flash e ricordi si affacciano alla mente senza eccessive difficoltà. E se è vero che le visioni oniriche sono messaggi che l’inconscio ci manda non appena si abbassano le difese razionali, è altresì vero che tali messaggi, in alcune condizioni, sono in grado di raggiungerci anche in stato di veglia. Basta pensare a fenomeni come la telepatia, l’intuito con cui valutiamo istantaneamente persone e situazioni, le soluzioni inaspettate che si affacciano alla mente quando i pensieri cedono il passo a momenti di svago. E proprio in quelle immagini che sgorgano spontanee – fugaci, inafferrabili, contradditorie, vergognose, foriere di presagi o di incredibili intuizioni – si celano gli indizi del destino di ciascuno.